Con sentenza n. 20315 del 23 giugno 2022 la Corte di Cassazione (Pres. De Stefano, Rel. Rossetti) ha affermato il principio per cui la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria giova al cessionario del creditore ope legis.
Nel caso di specie, la banca aveva promosso contro un proprio cliente mutuatario un’azione revocatoria per far dichiarare inefficace nei propri confronti, ex art. 2901 c.c., una compravendita immobiliare da questo stipulata.
Nelle more la banca aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del mutuatario, contro il quale non era stata proposta opposizione.
Il relativo credito era stato ceduto dalla banca attraverso una cessione “in blocco” ex art. 58 d. lgs. 1993 n. 385 (TUB).
Nel contestare l’azione promossa per il recupero del credito, il mutuatario aveva eccepito l’impossibilità per il cessionario di un credito di giovarsi della sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. promossa dal cedente prima della cessione.
Tale eccezione si fonda sulla distinzione tra diritto oggetto del giudizio revocatorio (ovvero il “diritto all’inefficacia dell’atto”) e diritto di credito tutelato dall’azione revocatoria.
Secondo tale ricostruzione, quindi, la cessione del credito non trasferisce dal cedente al cessionario il “diritto all’inefficacia dell’atto”.
Nel respingere tale impostazione, la Cassazione ha evidenziato come l’art. 2902 c.c. prevede che il creditore, a fronte del positivo esito dell’azione revocatoria esperita, possa promuovere, nei confronti dei terzi acquirenti, l’azione esecutiva sui beni oggetto dell’atto impugnato.
Posto quindi che con l’azione revocatoria viene trasferito per effetto di cessione il credito tutelato, il diritto di “promuovere l’azione esecutiva”, che non sarebbe concepibile scisso dal credito ceduto, viene trasferito ipso iure anche al cessionario.
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