Corte Costituzionale sentenza n. 148 del 25 luglio 2024 Impresa familiare – Convivenza di fatto – Irrilevanza nella disciplina degli artt. 230 bis, comma 3, e 230-ter c.c. – Illegittimità costituzionale.

Presidente: A.A. Barbera

Redattore: G. Amoroso

 

La questione di legittimità costituzionale era stata rimessa al Giudice delle leggi dalle Sezioni Unite Civili, che – con l’ordinanza interlocutoria n. 1900 del 18 gennaio 2024, Presidente P. D’Ascola, Relatore C. Marotta – avevano rilevato il potenziale conflitto con gli artt. 2, 3, 4, 35 e 36 Cost., 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e 117, comma 1, Cost., in riferimento agli artt. 8 e 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, del solo art. 230-bis c.c. (stante l’inapplicabilità ratione temporis dell’art. 230-ter c.c., introdotto dall’art. 1, comma 46, l. n. 76 del 2016), norma che, al primo comma, dispone che «il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato» e, al terzo comma, indica che «ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo», ma non include nel novero dei familiari il convivente more uxorio.

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FONTE

https://www.cortedicassazione.it/

 

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